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Intervista al compositore jazz Federico Monzani

a cura di Edoardo Ciervo

2 Settembre 2024

Intervista al compositore jazz  Federico Monzani

Intervista al compositore jazz  Federico Monzani

Giugno 2024, il panorama discografico italiano viene arricchito da un’opera prima elegante, complessa e coraggiosa. Sto parlando del primo Album pubblicato dal pianista e compositore jazz  Federico Monzani, livornese di classe 1999, già conosciuto e stimato nel “circuito” jazzistico italiano ma, prima di questo progetto, ancora ufficialmente inedito.

L’opera prima in questione è intitolata “Melodious Tonk”, pubblicata sotto l’etichetta WOW Records, ed è un omaggio (più che una rivisitazione) alla musica del famoso pianista americano Thelonious Monk, uno dei personaggi più influenti e innovativi nel mondo del jazz e del secolo scorso in generale.

Qualche settimana fa ho avuto il piacere di intervistare Federico per potergli chiedere di più su questa prima pubblicazione. Ciò che ne è risultato è stata una conversazione piacevolmente esaustiva che mi ha permesso non solo di comprendere al meglio la visione e il lavoro concreto dietro un simile progetto, ma anche la personalità umana e musicale di questo giovane autore.

Intervista al compositore jazz  Federico Monzani.

Intervista al compositore jazz  Federico Monzani.

Benvenuto Federico, finalmente siamo riusciti ad organizzare questa chiacchierata. Innanzitutto, come stai? So che proprio qualche giorno fa (18 Agosto) ti sei esibito, assieme al tuo collettivo, presso il “BargaJazz Festival”…immagino sia stata una performance molto impegnativa, sbaglio?

FEDERICO: Buonasera e grazie davvero per questa splendida opportunità. Sto benone grazie e no, non sbagli affatto. Quello del “BargaJazz” era un palco importante e non ti nascondo che prima di andare in scena avevamo tutti un po’ di sana ansia da prestazione. Nonostante questo, però, sono più che soddisfatto dell’esibizione: abbiamo avuto l’opportunità di riproporre dal vivo quasi tutte le tracce di “Melodious Tonk” e il pubblico ha risposto positivamente, è stato molto entusiasmante.

Sono felice di sentirti così soddisfatto. È sempre un piacere vedere un ragazzo giovane riuscire ad affermarsi, soprattutto in un mondo così complicato come quello della musica. A questo punto, però, direi che possiamo dare il via alle domande e inizierei chiedendoti di raccontarmi un po’ la tua storia: chi è Federico Monzani e cosa lo ha portato a intraprendere la carriera di musicista?

FEDERICO: Innanzitutto c’è da dire che vengo da una famiglia di musicisti (dettaglio non da poco). I miei genitori sono entrambi pianisti, mia madre di formazione classica, mentre mio padre di formazione jazz. Inoltre, fin da quando sono piccolo, mia madre gestisce una scuola di musica a Livorno (nome), quindi, essendo stato a contatto con la musica e con gli strumenti fin dalla tenera età, era quasi inevitabile che finissi per innamorarmi di questo mondo. Ai miei genitori devo tantissimo artisticamente, oltre che da un punto di vista umano. Con mio padre la musica ha sempre costituito un importante punto d’incontro; devo a lui la scoperta di alcuni “pilastri” del jazz che tutt’ora adoro, artisti come Chick Corea, Herbie Hancock o Keith Jarreth. Mentre a mia madre devo la profonda sensibilità nei confronti di tutto ciò che abbia un potenziale artistico esteticamente, concettualmente e, com’è ovvio che sia, anche musicalmente parlando. A proposito, colgo l’occasione per salutarli, ciao mamma! ciao papà!

Possiamo dunque dire che hai alle spalle una tradizione artistica non da poco! Mentre, per quanto riguarda specificamente il tuo percorso di studi, cosa vuoi raccontarmi?

FEDERICO: ti sorprenderà sapere che il mio primo approccio al mondo della musica suonata è avvenuto tramite le percussioni; infatti, inizialmente, ho frequentato un corso di percussioni classiche presso il Conservatorio Pietro Mascagni. Tra la gamma di strumenti musicali che il corso prevedeva c’erano anche i cosiddetti “idiofoni a percussione diretta”, come lo xilofono, la marimba o il vibrafono. Mi appassionai in particolare proprio a quest’ultimo strumento e, dopo qualche tempo, iniziai a riprodurre su vibrafono dei pezzi per pianoforte. Fu più o meno allora che decisi di abbandonare le percussioni per dedicarmi interamente al pianoforte. Avevo circa 17 anni quando cambiai corso in Conservatorio, iniziando il primo anno (denominato anno pre-accademico) affiancato dal maestro Andrea Pellegrini; successivamente ho svolto il corso di laurea triennale con il professor Piero Gaddi, seguendo, nel frattempo, il corso d’arrangiamento al fianco del professor Mauro Grossi. Mentre ora sto terminando un percorso biennale di laurea di 2° livello e ho scelto di tornare sotto la supervisione del maestro A. Pellegrini.

  • Immagino che questo docente in particolare, il prof. Andrea Pellegrini, abbia influito molto sul tuo lavoro come compositore, oltre che di musicista, giusto?

FEDERICO: proprio così. È stato lui a darmi il coraggio di mollare un percorso già avviato iniziando quello per pianoforte. Ho provato stima e ammirazione per lui fin dalla prima volta in cui l’ho sentito suonare. Il maestro Pellegrini è stata anche una figura su cui contare durante la realizzazione di “Melodious Tonk”, anche perché, questo progetto, nasce inizialmente come tesi di laurea per il mio corso triennale di pianoforte.

Ecco, a proposito del disco: “Melodious Thonk” è una rivisitazione per nonetto (complesso musicale di 9 musicisti) di alcune delle tracce dell’autore di culto Thelonious Monk. Come sai, quando si analizzano artisti così culturalmente influenti, spesso si parla di una sorta di “dualità del fascino” che oscilla fra le opere dell’autore e i fatti (spesso anche leggende) che circondano il personaggio. Detto questo, volevo chiederti: quali vicende della vita o elementi della visione musicale di Monk ti hanno colpito e influenzato maggiormente?

FEDERICO: Parto da una premessa. Il modo in cui i media, in passato, hanno raccontato la vita di Thelonious Monk, ha lasciato un ricordo di lui che secondo me non lo rappresenta autenticamente. Come spesso accade con artisti di questo tipo, le case discografiche, le riviste e i giornali hanno preferito enfatizzare alcuni tratti eccentrici del personaggio. Questo probabilmente perché, essendo (Monk) sempre stato un grande appassionato di comicità e spettacolo, voleva che ci fosse una sorta di maschera ogni qualvolta saliva sul palco.

Spesso Monk è stato presentato come protagonista di una vita esclusivamente dedita agli eccessi, come un personaggio dotato di talento ma negligente nello studio; in realtà non è proprio così. Monk era sicuramente un uomo tormentato, affetto da bipolarismo e frequentatore di ambienti poco per bene, però aveva un forte senso della famiglia e una grande etica del lavoro. È stato un artista che ha sempre studiato moltissimo, ha continuato a farlo negli anni e il suo sound unico ne è la dimostrazione. Monk ha ricercato a lungo un suo stile, raccogliendo anche cose dal passato, non lasciando nulla al caso. Io stesso, quando ho preso in mano le partiture della sua musica, mi sono reso conto di un equilibrio che caratterizza tutti i diversi aspetti del suo lavoro: dalla scelta degli strumentisti allo stile improvvisativo.

Intervista al compositore jazz  Federico Monzani.

Intervista al compositore jazz  Federico Monzani.

Ecco, rimanendo sul tema della visione musicale di Monk, c’è un suo elemento che credi ti abbia influenzato particolarmente nel tuo modo di fare e vivere la musica?

FEDERICO: una cosa che lo stesso Monk diceva spesso era che lui componeva brani per far sì che ogni musicista potesse esprimere se stesso e il proprio stile al meglio; una delle sue frasi più celebri è infatti: “il genio è colui che somiglia di più a se stesso”. I suoi pezzi (poco più di una settantina) sono tutti materiale finalizzato all’interpretazione improvvisativa. Insomma, credo che Monk scrivesse musica per lasciare un’eredità da scoprire, reinterpretare e penso che questo sia l’aspetto della sua concezione artistica che mi abbia influenzato di più nel mio approccio alla musica.

Per quanto riguarda invece gli aspetti tecnici del tuo progetto, è stato difficile per te conciliare la tua personalità di musicista e compositore con quella dell’autore originale? Hai sentito, ad esempio, di dover sacrificare qualche idea per mantenere fede allo stile di Monk?

FEDERICO: Decisamente non è stato facile. Ho dovuto scartare più di qualche idea, però credo che sia stato anche questo a rendere grande l’esperienza di “Melodious Tonk”. È stato come confrontarsi con un maestro per cui provi una forte ammirazione; volevo esprimere la mia creatività, ma al tempo stesso portare profondo rispetto all’identità artistica dell’autore originale. Potremmo dire che ho approcciato la musica di Monk come fossi un suo allievo, anzi, volendo proprio esagerare, è come se avessi creato una sorta di legame platonico con lui.

Per quanto riguarda invece l’improvvisazione, è risaputo come questa costituisca uno degli elementi più affascinanti e caratteristici della musica jazz; volevo pertanto chiederti: quanto c’è effettivamente di “improvvisato” in un’opera così elaborata e collettiva?

FEDERICO: Per quel che riguarda l’improvvisazione, volevo che tutti i musicisti avessero almeno qualche momento per esprimersi nell’Album. È stato difficile conciliare questa volontà con l’idea di prodotto finale che avevo in mente, anche perché volevo che “Melodious Tonk” fosse fruibile, volevo che fosse un disco vero e proprio, non qualcosa che ricordasse un Live Album. Per questo gli assoli presenti (non molti in realtà) sono stati selezionati e inseriti secondo una sorta di “ordine narrativo”.

Quando ci esibiamo dal vivo, invece, preferisco dare molto più spazio all’estro improvvisativo dei musicisti. Nella nostra ultima data al “BargaJazz” (vedi sopra), ad esempio, avrò contato qualcosa come 30 assoli (ride).

Il tuo Album è stato concepito per un organico di nove strumenti, quello che in gergo viene chiamato nonetto. Il gruppo in questione è stato formato in occasione del progetto “Melodious Tonk” o era già attivo in precedenza? Inoltre, come hai selezionato i musicisti che fanno parte di questo collettivo?

FEDERICO: il nonetto è stato messo insieme proprio in occasione del progetto “Melodious Tonk” che, come detto prima, in origine è stato concepito come oggetto della mia tesi di laurea. Successivamente abbiamo deciso di mantenere attivo il gruppo e, solo dopo un anno e varie esibizioni dal vivo, abbiamo avuto anche l’opportunità di registrare in studio. All’inizio, l’idea era quella di formare un organico più piccolo, con meno strumenti, soprattutto per una questione economica (più il gruppo è numeroso, maggiore è il “cachet” e più si riduce la possibilità di eventuali date dal vivo); successivamente, però, ho deciso di mantenere un collettivo più largo, principalmente per tre motivi.

Il primo è che volevo mettere in pratica gli insegnamenti appresi durante le lezioni di arrangiamento del professor Mauro Grossi, che ringrazio e saluto.

Il secondo motivo è legato all’ascolto di due dischi di Monk per “big band” che mi hanno particolarmente colpito e dai quali ho attinto parte del materiale per il mio progetto, sto parlando di: “Monk Big Band and Quartet in concert” e di “The Telonious Monk Orchestra at Town Hall”. In entrambe le pubblicazioni sono presenti gli arrangiamenti di Al Overton, al quale, indirettamente, devo molto per la realizzazione del mio “Melodious Tonk”.

Il terzo e ultimo motivo per cui ho scelto un organico da nove è invece legato al mio rapporto con i musicisti che lo compongono: tutti i membri del gruppo sono persone con cui suono o studio da tempo; la musica ci unisce da molto prima dell’inizio del progetto e il tipo di connessione artistica che c’è tra noi trascende i tecnicismi e il talento. Ci tenevo, dunque, a condividere l’esperienza di “Melodious Tonk” con coloro che, oltre ad essere eccellenti musicisti, sono anche miei amici. Tra l’altro, l’amicizia è uno dei valori che lo stesso Monk tiene più in considerazione, sia in ambito quotidiano che in ambito lavorativo.

Certo, immagino quanto il legame interpersonale influisca positivamente ai fini di un lavoro collettivo così complesso. A proposito, vuoi dirci i nomi dei musicisti presenti nell’Album e i loro rispettivi strumenti?

FEDERICO: innanzitutto colgo l’occasione per salutarli e ringraziarli del loro duro lavoro, hanno creduto fin da subito nel progetto e di questo ne sono sempre stato orgoglioso. Oltre ad essere eccellenti musicisti, sono anche professionisti che nutrono un profondo rispetto per il lavoro in senso lato.

Detto questo, all’interno del disco troviamo: Matilde Gori e Giulio Mari alla tromba; Giulio Tullio al trombone.

Lorenzo Fiaschi al sax contralto; Matteo Zecchi al sax tenore; Chesare Martinez al sax baritono.

Giulio Barsotti al contrabasso; Marcello Nesi alla batteria; e infine me medesimo, Federico Monzani, al pianoforte (oltre che autore degli arrangiamenti).

Quanto è durata la fase di registrazione? C’è qualche aneddoto divertente o interessante che vuoi raccontarci?

FEDERICO: Un aneddoto interessante riguarda proprio il motivo per cui “Melodious Tonk” è oggi ufficialmente un Album. Durante l’esibizione per la mia tesi di laurea, presso l’auditorium del Conservatorio Mascagni, per nostra fortuna, tra il pubblico c’era anche il flautista Dario Cei, il quale lavora anche presso uno studio di registrazione: il SAM Studio. È stato lui a proporci di registrare questo disco, proprio negli studi della SAM, e noi abbiamo prontamente accettato. Abbiamo registrato tutte le tracce in un pomeriggio (è stata una sorta di piccolo miracolo…) e poi, successivamente, alla fase del mixaggio ci ha pensato Gabriele Guidi. Poi, per quanto riguarda la pubblicazione e la promozione del disco, abbiamo contattato, sotto consiglio di Attilio Sepi (che saluto), la Wow Records, l’etichetta discografica sotto la quale “Melodious Tonk” è stato ufficialmente pubblicato. Ci tengo a ringraziare tutti ancora oggi per aver permesso la realizzazione di questo piccolo sogno.

Bene Federico, ultima domanda, di rito prima di chiudere la nostra intervista. Progetti in vista per il futuro?

FEDERICO: ci sono molte bozze personali su cui sto lavorando, ma al momento, per quanto riguarda il nonetto, non ho in mente nuovi progetti. Però, per chi vuole, c’è il nostro account instagram (m) su cui potrete trovare tutte le novità riguardanti la nostra band. Inoltre, ricordo che, per chi volesse ascoltare il disco, può trovarlo sulle seguenti piattaforme: Youtube, Spotify ed Apple Music.

Bene, direi che non c’è molto altro da aggiungere. Ringrazio Federico Monzani per avermi dedicato il suo tempo e per essersi aperto così tanto ai nostri lettori; speriamo che questa chiacchierata susciti la loro curiosità nei confronti del tuo gruppo e della tua musica. Un saluto e un in bocca al lupo per il futuro!

FEDERICO: Grazie a te e alla redazione di CIOCIARIA E CUCINA per questa splendida esperienza. Un saluto a tutti i lettori!





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